L’impatto delle cardiopatie congenite nell’età evolutiva in un’ottica di genere

Un convegno ha fatto il punto: si è parlato soprattutto dell’importanza di governare in maniera adeguata la transizione del paziente dall’età pediatrica all’età adulta. Ma anche di gravidanza, contraccezione, patente, sport, paura dello svincolo.

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Cardiopatici congeniti: una popolazione in aumento

Sabato 19 ottobre, a Modena presso la Camera di Commercio, si è tenuto il convegno ECM organizzato dalla nostra associazione insieme all’associazione Donne Medico (sezione di Modena) nelle persona della dott.ssa Michelina Guerra, presidentessa, e della dott.ssa Emanuela Angeli, cardiochirurga pediatrica e dell’età evolutiva presso il Polo Cardio Toraco Vascolare dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola dove siamo presenti come associazione di riferimento.

Si è partiti da un dato evidente: l’aumento della popolazione dei cardiopatici congeniti adulti, da cui consegue il naturale coinvolgimento di numerosi aspetti della medicina, dalla ginecologia alla medicina dello sport e alla medicina legale. “E’ molto importante conoscere questo paziente – ha detto in apertura la dott.ssa Angeli – e sapere che ha un percorso particolare nella sua vita che va affrontato con grande delicatezza”.
Dal confronto tra i professionisti presenti è emersa una discussione attiva della quale riportiamo alcuni spunti che ci auguriamo possano essere utili per le nostre famiglie.

Da sinistra a destra: dott.ssa Marianna Berardi, dott.ssa Emanuela Angeli, dott.ssa Marta Agulli, Paola Montanari, dott.ssa Stefania Taraborrelli

La cardiologia e cardiochirurgia pediatrica hanno normalizzato l’aspettativa di vita

Il dott. Gabriele Egidy Assenza, cardiologo pediatrico e dell’età evolutiva dell’IRCCS,  ha fornito una overview del paziente cardiopatico congenito adulto, per inquadrare le caratteristiche di questa popolazione in crescita soffermandosi su alcune tappe e protagonisti che hanno fatto la storia della cardiologia e della cardiochirurgia pediatrica nel mondo. Da Robert Gross, pioniere della chirurgia cardiaca a cui viene attribuita la prima operazione chirurgica di successo su un dotto arterioso pervio nel 1938, ad Helen Brooke Taussig, conosciuta per il suo lavoro con i bambini con Tetralogia di Fallot, fino all’intervento di Ross che rappresenta una delle possibili soluzioni alla stenosi aortica, praticato soprattutto sui bambini piccoli in alternativa alla sostituzione della valvola con una protesi.

“Quello che la cardiologia e cardiochirurgia pediatrica hanno fatto ha pochi precedenti nella storia della medicina, perché hanno normalizzato l’aspettativa di vita di malattie letali. Gli adulti con cardiopatia congenita oggi sono molto più numerosi dei bambini e queste malformazioni, che sono le più frequenti malformazioni umane, sono tra di loro eterogenee. 
Le cardiopatie congenite accompagnano i pazienti dalla nascita per tutta la loro vita e fino all’età geriatrica, le domande che fanno e fanno anche i genitori riguardano soprattutto la gravidanza, la salute riproduttiva, la contraccezione. Il problema delle cardiopatie congenite è che ogni storia è individuale, perché ogni percorso terapeutico è legato alle caratteristiche specifiche della cardiopatia congenita e il tempo disegna storie che sono tutte diverse tra loro. La maggior parte di questi pazienti arriva all’età adulta con una vita ricca, “normale”, caratterizzata da un normale accesso allo sport, allo studio, alla salute riproduttiva, ma esiste anche un piccolo gruppo di pazienti che ha complicanze che devono essere gestite”.

Dall’età pediatrica all’età adulta: governare la transizione

Il dott. Luca Ragni, cardiologo pediatrico e dell’età evolutiva dell’IRCCS, ha parlato dell’importanza di governare la transizione per il paziente con cardiopatia congenita, nel passaggio dal pediatra al medico di medicina generale: un momento molto importante in cui il bambino attraverso l’adolescenza assume quelle skill necessarie per diventare adulto a 360 gradi e prendersi cura della sua malattia. 

“I pazienti con cardiopatia congenita – ha spiegato – crescono, diventano adulti e vanno a costituire una delicata popolazione, passando per l’adolescenza che rappresenta un momento molto particolare della vita di qualsiasi individuo. Si stima che il 97 per cento della popolazione pediatrica di cardiopatici congeniti raggiunga l’età adulta, ciò significa che il nostro bambino con cardiopatia congenita ha una prima transizione, quella dell’adolescenza, e una seconda transizione, quando passa da un’assistenza prettamente pediatrica ad un’assistenza da parte del cardiologo dell’adulto.

Durante questa transizione il bambino con cardiopatia congenita deve acquisire quelle competenze che lo porteranno ad essere in grado di curare la propria malattia, di prendersi cura della sua cardiopatia e di aderire nel modo più perfetto alle terapie e al follow up cardiologico, deresponsabilizzando completamente l’assistenza genitoriale.

“La pre transizione inizia verso i 12 anni, quando si inizia a parlare di questo passaggio, quella vera e propria avviene tra i 18 e 19 anni, e poi segue il periodo post transizionale dove il coordinatore della transizione si prende cura del paziente che passa al cardiologo adulto, per accertarsi che segua correttamente il follow up e anche i genitori si sentano tranquilli su questo punto. 

All’IRCCS di Bologna i cardiologi e i cardiochirurghi dell’età pediatrica sono i medesimi dell’adulto, quindi il paziente segue nel modo più adeguato questa transizione e il coordinatore di questo passaggio è rappresentato dalla figura dello psicologo, motivo per cui la perdita di pazienti nel follow up è molto bassa”.

Dopo l’intervento del dott. Ragni, la dott.ssa Elisabetta Scalera pediatra di libera scelta ha sottolineato quanto sia importante un follow up concreto per i bambini con cardiopatia congenita: “Quando il nostro paziente con cardiopatia congenita di 14 o 16 anni al massimo passa alla medicina generale non è previsto un bilancio di salute che possa fare il punto della situazione da trasferire al medico di medicina generale che lo prenderà in carico. Solo con un adeguato e diretto dialogo tra cardiologo e pediatra, tra cardiologo dell’adulto e medico di medicina generale si può governare correttamente una transizione ed evitare un percorso alterato di diagnosi e spese inutili”. 

Gli adulti con cardiopatia congenita sono più numerosi dei bambini

Il dott. Lucio Careddu cardiochirurgo pediatrico e dell’età evolutiva dell’IRCCS è intervenuto sulle sequele della chirurgia neonatale: “All’inizio del secolo scorso le cardiopatie congenite diagnosticate erano meno dell’1 per mille, dovremmo aspettare il nuovo millennio per avere un’incidenza come quella attuale pari al 9 per mille, e ciò è possibile solo grazie al miglioramento delle cure. I primi seri interventi di cardiochirurgia neonatale arrivano intorno agli anni 70/80 con un lavoro di équipe fatto da tutti noi, sono migliorate la diagnostica pre e post natale, sono arrivate le procedure patient specific ottimizzate per ogni singolo paziente, abbiamo avuto un incremento impressionante della terapia post operatoria intensiva, senza la quale non sarebbe possibile fare interventi, ed un enorme miglioramento tecnologico.
Gli adulti con cardiopatia congenita, che hanno superato i bambini, continueranno a crescere ed è quello a cui noi cardiochirurghi pediatrici ambiamo”. 

CRESCITA della popolazione con cardiopatie congenite 

  • Popolazione UE: 497 milioni (nel 2003) 
  • Incidenza delle cardiopatie congenite: 0,5% nel 2000 – tra il 5,1 e il 5,2% nel 2012/2013
  • Incidenza stimata delle cardiopate congenite, nel 2030: 11% (pazienti ACHD con età sotto i 60 anni) 

Gravidanza e parto: a queste donne serve un percorso sicuro

La dott.ssa Marta Agulli anestesista della terapia intensiva presso la cardiochirurgia pediatrica e dell’età evolutiva dell’IRCCS ha sottolineato come la gravidanza e il parto rappresentino i due momenti più significativi in cui l’ottica di genere emerge e ha affrontato questi due momenti dal punto di vista rianimatorio.

“Durante la gravidanza la donna ha un straordinaria capacità di adattarsi per la vita che ha in grembo, è un momento in cui la portata cardiaca aumenta e parliamo di un cambiamento enorme che già nella donna sana mette a dura prova il fisico, figuriamoci in una donna con cardiopatia congenita. E’ quindi molto importante un’attenta valutazione dei rischi per la paziente e l’organizzazione del parto in équipe.
La prevenzione e la corretta informazione in questi casi sono fondamentali, queste sono pazienti che arrivano con un counseling da parte di cardiologo, ginecologo, ostetrico, e che sono emotivamente più provate rispetto ad una donna senza cardiopatia.
Da parte nostra ci deve essere il consenso informato, che non è solo un consenso ma la descrizione di strade anche molto dolorose a cui la paziente può andare incontro e che devono essere percorse insieme.

Non tutte queste donne hanno bisogno di partorire in una sala operatoria cardiochirurgica: la maggior parte di donne con cardiopatia congenita che portano avanti una gravidanza partoriscono in un centro di terzo livello ovviamente, nelle sale operatorie dell’ostetricia, quello è il setting dove devono stare. Arrivano da noi quando hanno classi di rischio elevate, quando c’è scompenso, rischio di assistenza cardiovascolare avanzata, oppure nei reinterventi dove si deve seguire un percorso di maggiore sicurezza.
Ecco che il team multidisciplinare si popola perchè deve pianificare, si deve organizzare, deve sapere: cardioanestesista, anestesista ostetrico, ostetrica, neonatologo, ginecologo, cardiochirurgo, cardiologo pediatra, perfusionista, sono queste le figure che circondano la paziente. È la multidisciplinarietà, infatti, che le salva: a queste donne serve un percorso sicuro e così riduciamo il rischio di mortalità e concediamo loro la maternità, che per molte donne è la normalità ma che per loro rappresenta un grande privilegio”.

Aspetti emotivi e iter psicologico: la paura dello svincolo

La dott.ssa Sara Ruggeri, psicologa della nostra associazione e dirigente della psicologia clinico ospedaliera IRCCS, si è soffermata sugli aspetti emotivi e sull’iter psicologico dei pazienti adolescenti con cardiopatia congenita. “A volte le situazioni di malattia portano alla paura dallo svincolo, ma questo graduale svincolo avviene e questi ragazzi hanno bisogno di separarsi dai genitori: lo fanno attraverso la contrapposizione, la trasgressione e il fatto di forzare i limiti, ma tutto ciò è necessario affinché diventino piano piano protagonisti, quando compiono 18 anni, se non altro dei consensi, delle firme, dei colloqui con i medici. Questo non è un passaggio netto dove il genitore improvvisamente sparisce: rimane o perché lo richiede il paziente, o perché il genitore stesso giustamente fa fatica a ritirarsi sullo sfondo dall’oggi al domani. 

Questi ragazzi e queste ragazze, laddove ci sono domande o tappe che potrebbero metterli in difficoltà o far perdere un equilibrio che avevano ottenuto, sanno che possono chiedere a noi psicologhe, ai medici e agli operatori, possono chiederci consigli e spiegazioni e ciò avviene generalmente in questi momenti: l’ingresso nel mondo del lavoro, l’affettività e la sessualità, la genitorialità e la maternità, l’integrazione nel mondo dei pari (socialità e confronto con i coetanei che non hanno una cardiopatia congenita o che hanno altre storie diverse dalla loro).
Il nostro ruolo è quello di accoglierli, di essere presenti sulla loro richiesta, di favorire questo percorso per cui la malattia trovi la sua integrazione all’interno dell’individuo, per migliorare dunque la loro salute, la loro vita sociale e la gestione della malattia. A volte ci sono genitori che identificano l’intero figlio con la patologia che ha, in quel caso la malattia ingombra troppo, altri dove si tende a minimizzare fino a negare la malattia.
Entrambi gli opposti non vanno bene quindi l’obiettivo è quello di aiutarli a trovare un modo per convivere con questa malattia, riconoscendola nei suoi limiti e anche nelle sue opportunità”. 

Bambina con cuore artificiale (berlin heart) in attesa di trapianto di cuore

Servizio psicologico per pazienti e familiari

Il percorso di cura di una persona con cardiopatia congenita dura per tutta la vita e necessita di un processo di accettazione e adattamento alla patologia per poter affrontare al meglio ogni fase.

Le psicologhe dell’associazione sono al fianco di pazienti e familiari durante ogni momento, fin dalla diagnosi.

Contraccezione, fecondazione in vitro, menopausa: parla la ginecologa

Nel corso del convegno si è parlato anche del counseling multidisciplinare rivolto alla personalizzazione del percorso di salute della donna con cardiopatia congenita. E’ intervenuta la dott.ssa Stefania Taraborrelli, specialista in ginecologia: “Questo accurato counseling multidisciplinare coinvolge anestesista, cardiologo e cardiochirurgo, genetista, ginecologo, neonatologo, psicologo e nutrizionista. Il ruolo del ginecologo è prima di tutto quello di accogliere, attraverso un’accurata anamnesi familiare”.

Il counseling, come ha spiegato la Taraborrelli, inizia già con le adolescenti che hanno una cardiopatia congenita e qualora si renda necessaria una contraccezione per programmare la gravidanza al momento opportuno, oppure perchè la gravidanza deve assolutamente essere evitata.

“I metodi di contraccezione ormonali estro progestinici sono generalmente controindicati nelle donne con cardiopatia congenita per rischio trombotico correlato, mentre le spirali non medicate e medicate al progesterone sono da considerarsi un’ottima opzione previa eco 3D preliminare per escludere malformazioni endocavitarie, con inserimento in ambiente protetto, e l’assunzione di un antibiotico consigliato in fase pre e post rimozione. 
Il contraccettivo ormonale può anche essere necessario nelle donne con cardiopatia congenita come strategia per lenire la dismenorrea intensa o il dolore pelvico cronico (adenomiosi, endometriosi, esiti di PID)”.

La dottoressa ha poi affrontato anche il tema della Fecondazione in Vitro FIV e del counseling preconcezionale nelle pazienti con cardiopatia congenita: “La gravidanza è un evento fisiologico che può accelerare la storia naturale della cardiopatia e indurre un peggioramento clinico, per cui nel counseling preconcezionale genetico bisogna valutare il rischio materno e quello genetico della ricorrenza. Il miglioramento delle tecniche cardiochirurgiche ha permesso di aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità di vita delle donne con cardiopatia congenita: il compito del ginecologo è quello di accompagnare la salute della donna in tutte le sue fasi, ancora di più in queste pazienti.
Queste donne e queste ragazze di solito hanno una vita sessuale normale e pertanto necessitano di una personalizzata contraccezione. La gravidanza è diventata un obiettivo raggiungibile e praticabile in queste pazienti anche con tecniche di procreazione medicalmente assistita, ma è richiesta una collaborazione multidisciplinare e la gravidabza va seguita in centri di terzo livello.
Dobbiamo assolutamente considerare questo importante elemento: se questa popolazione sta crescendo sempre più, i problemi legati alla menopausa diventeranno sempre più attuali e quindi serviranno linee guida univocamente accettate”.

Attività sportiva: sogno o realtà?

Si è parlato anche di attività sportiva “tra sogno e realtà” con la dott.ssa Rita Mazzotta medico dello sport dell’Ausl di Modena, che ha introdotto il tema della tutela sanitaria dell’attività sportiva in Italia, attraverso i protocolli cardiologici COCIS per il giudizio di idoneità allo sport agonistico. “In Italia è il medico dello sport l’unico che può concedere l’idoneità sportiva agonistica, a differenza degli USA dove non c’è alcuna regolamentazione e dove è l’atleta ad assumersi la responsabilità di partecipare ad una competizione potenzialmente a rischio.
In alcune cardiopatie congenite l’attività sportiva è controindicata in maniera assoluta, in altre è necessaria una valutazione caso per caso, anche ricorrendo ad esami di livello medio avanzato quali: ecg, test massimale, holter ecg, test cardiopolomonare, coro-TC, risonanza cardiaca, studio elettrofisiologico, scintigrafia miocardica.
L’obiettivo è sempre e comunque quello di salvaguardare la salute e di favorire un ottimale sviluppo sociale e psicologico dei ragazzi, previa attenta valutazione clinico strumentale della capacità funzionale per correlare particolari condizioni fisiopatologiche al tipo di attività fisica.
La controindicazione all’attività sportiva agonistica, ad ogni modo, non implica l’esclusione da qualsivoglia attività fisica e sportiva con finalità ludico ricreativa, e riabilitativa: dovrebbero esistere delle attività adattate per questi ragazzi”.
La Medicina dello Sport di Modena prossimamente presenterà un bando comunale per le società sportive che possano accogliere tutti quei ragazzi e ragazze con cardiopatia congenita che non possono ottenere l’idoneità agonistica e che in questo modo avrebbero l’opportunità di fare sport “su misura” senza creare alcune percezione di diversità.

Focus su scompenso cardiaco e trapianto, qualità della vita

La dott.ssa Emanuela Angeli, cardiochirurga pediatrica e dell’età evolutiva dell’IRCCS, è intervenuta sullo scompenso cardiaco, una parola che molto spesso fa paura “Ma oggi sappiamo che abbiamo delle armi per affrontarlo, tra cui il trapianto. I nostri pazienti ci fanno delle domande molto precise nel momento in cui affrontano il tema e la diagnosi di uno scompenso cardiaco: vogliono una vita normale e la vogliono anche con buona qualità di vita, giustamente.
Cioè, la qualità della vita per loro conta.
Hanno delle aspettative, hanno delle ambizioni, non vogliono solo fare sport, vogliono fare sport per vincere. Hanno il desiderio di creare una famiglia e di avere dei figli, e questo è un desiderio legittimo perché se li abbiamo portati fino qui, da noi cardiochirurghi e cardiologi vogliono questa possibilità.

Il trapianto è il gesto donativo maggiore che un essere umano possa fare verso un altro, e il paziente con cardiopatia congenita potrebbe avere bisogno di questa strategia terapeutica.
Alcuni si chiedono se sia davvero etico offrire quest’opzione a una popolazione che per definizione ha una mortalità nel primo anno di vita post trapianto nettamente superiore alla popolazione di non cardiopatici congeniti. Attenzione: è più che etico perché è stato dimostrato che superata la fase iniziale, sicuramente molto critica, questi pazienti avranno una vita migliore di quella dei non cardiopatici congeniti e quindi avranno tutte le caratteristiche dei pazienti cosiddetti “normali”.

E’ ovvio che sono pazienti complessi, per anatomia, per fisiologia, già sottoposti a molti interventi, ma sono anche pazienti che hanno una resistenza infinita, una grandissima tolleranza al dolore, la capacità di vivere con un’elevata tolleranza allo sforzo che un paziente sano alla nascita si sognerebbe”.

La patente: la proposta di un modulo specifico sul paziente con cardiopatia congenita

Sul finale è stato affrontato un tema molto spinoso, quello della patente. E’ intervenuto al riguardo il dott. Aldo Ricci della medicina legale e gestione del rischio presso l’Ausl di Modena, che ha introdotto prima di tutto la normativa di riferimento per l’idoneità alla guida delle persone con cardiopatia congenita.

Si tratta del decreto 26 gennaio 2028 del del Ministero delle Infrastrutture (recepimento della direttiva UE 2016/1106 con cui sono state apportate modifiche in materia di requisiti di idoneità psicofisica per il conseguimento e la conferma di validità della patente di guida).

Si legge nel decreto che “le patologie cardiovascolari possono provocare un’improvvisa menomazione delle funzioni cerebrali costituendo un pericolo per la sicurezza stradale, costituiscono un motivo per istituire restrizioni temporanee o permanenti alla guida. Per le seguenti patologie l’idoneità è attestata da uno dei sanitari di cui all’art. 199, comma 2, o dalla Commissione Medica Locale, sulla base della certificazione di un medico specializzato in cardiologia appartenente ad una struttura pubblica. Rientrano all’interno di queste patologie anche le cardiopatie congenite”.

Il dott. Ricci si è espresso sulla necessità di un confronto con il medico specialista del paziente cardiopatico congenito, in fase di commissione per rinnovo o concessione patente: “Questo certificato specialistico non solo deve riportare la situazione clinica, ma deve dirci qualcosa di più sulla situazione reale e specifica di quella persona se, come ha detto il dott. Assenza, ogni cardiopatico va visto e va valutato a sé”. 

Sul tema della patente e sulla necessità di un contatto più diretto tra il medico legale e lo specialista cardiologo si è espressa anche la nostra presidentessa Paola Montanari.

“Mi rendo conto che ci sono dei buchi in queste leggi e che i medici legali, piuttosto che medici dello sport, devono attenersi alle regole che ci sono qui in Italia. Sono “buchi”  però che toccano anche i nostri ragazzi, la popolazione dei cardiopatici congeniti adulti rappresenta un mondo nuovo che deve essere compreso e conosciuto. Noi nel nostro piccolo, perché siamo una associazione di volontariato, cerchiamo di stimolare questi confronti, quindi diventa indispensabile proprio perché ci sono bisogni nuovi, assolutamente nuovi. Vorrei che sul tema della patente nascesse una riflessione, probabilmente il cardiologo che viene in commissione a fare la visita non sa qual’è stata l’evoluzione del paziente”.

In conclusione del convegno ha preso la parola Giada Modonesi, adulta ACHD con cardiopatia congenita: “Suggerisco di creare un modulo ad hoc per la patente, che potrebbe compilare il medico specialista e che può essere poi consegnato in commissione durante l’esame di revisione, dove siano riportati dati specifici sulla condizione reale del paziente”.
L’obiettivo è quello di mettere in comunicazione questi due ambiti della medicina, la cardiologia e la medicina legale.