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Sonia è grata: alla vita che ha e alla persona donatrice da cui ha ricevuto il cuore che da qualche anno batte dentro al suo petto. Durante l’intervista, parla del tema della donazione degli organi, per certi versi ancora un tabù in Italia, con serenità e consapevolezza, ma soprattutto, con estrema gratitudine.
Lei sa bene infatti quanto un cuore donato e trapiantato possa essere origine di rinascita.
La cardiopatia che l’ha portata al trapianto
Sonia aveva una cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva, che è una malattia genetica. Suo papà Alessandro, che come lei subirà un trapianto di cuore qualche anno dopo, ne era portatore.
“A dieci anni ho iniziato a stare male: camminare o portare lo zaino erano per me una grossa fatica. Andavo a scuola con il trolley, oppure mi portava lo zaino in spalla il mio papà. Praticavo danza classica, era la mia grande passione. Ho dovuto smettere. Mi hanno impiantato un defibrillatore sottocutaneo che ho tenuto fino al trapianto, quindi per dieci anni.
Serviva a prevenire le aritmie e diverse volte si è attivato: se svenivo mi riprendevo perché partiva la scarica al mio cuore ma mi svegliavo con petto e braccia doloranti, per giorni.
Questo è il ricordo brutto che ho del defibrillatore.
Il ricordo più bello che ho, invece, è di quando mi sono svegliata dal trapianto: ero in una stanza, sola, con tantissime luci intorno. È per me un ricordo bello perché sapevo che da lì in avanti, nonostante il dolore e i farmaci, l’anestesia, il mio percorso sarebbe stato tutto in discesa e non più in salita”.
“Il mio ricordo più bello? Quando mi sono svegliata dal trapianto. Sapevo che da quel momento il mio percorso sarebbe stato in discesa”.
Sonia, trapiantata di cuore
Il ricovero urgente in Ospedale
Sonia ha ricevuto il suo cuore nuovo quando aveva vent’anni ed è stata operata al padiglione 23, dallo staff della Cardiochirurgia Pediatrica e dell’Età Evolutiva dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola.
“Sono arrivata a Bologna nel gennaio del 2019, dall’Ospedale di Rimini mi hanno trasferita in ambulanza a seguito di uno svenimento. Ricordo che stavo frequentando un corso di moda, mi sono sentita male e prima di crollare sono riuscita a chiamare mio padre. In Ospedale al Sant’Orsola, dopo qualche giorno, ho avuto un arresto cardiaco mentre ero nella sala giochi del Reparto. Mi hanno trasferita in terapia intensiva e messa in coma farmacologico.
Quando mi hanno svegliata ho firmato subito le carte per il consenso al trapianto“.
Il supporto psicologico
Sonia è rimasta in Ospedale, al Sant’Orsola, per sei lunghi mesi: è stata ricoverata presso il Reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica e dell’Età Evolutiva. Qui, ogni giorno, per i pazienti in attesa di trapianto e per i loro familiari si respira il peso di un’attesa estenuante.
In questo momento così delicato, dove l’incertezza sul futuro rende difficile ogni secondo che passa, dove ogni progettualità viene sospesa e si avverte un forte senso di costrizione, di mancanza di libertà, ci sono professionisti dedicati come le psicologhe dell’associazione Piccoli Grandi Cuori.
“Sara è la prima psicologa che ho incontrato, lei mi ha seguita per tutto il periodo di attesa, con lei mi potevo confidare e parlare, mi “intratteneva” anche nel senso che non mi faceva pesare il fatto di rimanere così a lungo in ospedale. Le psicologhe sono un pilastro fondamentale, ti aiutano a parlare di come ti senti, del fatto che stai soffrendo. Se possono fare qualcosa per renderti felice, o per realizzare un tuo desiderio, stai pure certa che lo fanno!
Sara ad esempio sapeva che un mio piccolo desiderio era quello di tingermi i capelli di rosa e allora si è presa “a cuore” questo desiderio e ha chiamato un parrucchiere che è venuto proprio in ospedale e all’interno del bagno della mia camera mi ha tinto i capelli rosa. Sono stata molto felice“.



I dati sui trapianti
Tra il 2000 e il 2021 presso l’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola sono stati eseguiti 622 trapianti di cuore e il 2023 ha fatto segnare un nuovo record toccando quota 50 trapianti, 9 dei quali eseguiti su pazienti pediatrici o con cardiopatie congenite.
Centro nazionale trapianti (CNT)
In totale, dunque, si parla di oltre 700 trapianti di cuore dal 2000 ad oggi.
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L’arteterapia in Ospedale
“In Reparto le psicologhe dell’associazione ti coinvolgono con alcune attività, io per esempio con loro ho imparato a fare dei braccialetti intrecciati e poi ho fatto arteterapia con Enrica, l’altra psicologa: nell’ora a me dedicata lei mi faceva disegnare, mi faceva esprimere le mie emozioni tramite il disegno e discutevamo del perché avessi disegnato un fiore o del perché avessi utilizzato determinati colori. In questo modo lei riusciva a capire il mio stato d’animo, che magari faticavo ad esprimere a parole.
Sonia torna per i controlli in Ospedale ogni quattro mesi. Ma sa che, in qualsiasi momento, le psicologhe e l’associazione sono al suo fianco.
“Ho conosciuto Piccoli Grandi Cuori proprio quando ero ricoverata. Fanno tante cose per i pazienti, propongono numerose attività ricreative in reparto, anche attraverso i volontari che ti insegnano a fare tantissime cose: quando ero ricoverata ho imparato l’arte del ricamo e ho fatto anche un corso sugli origami!



Ricordo che durante le festività di Pasqua ci hanno portato in reparto tantissime uova di cioccolato. È stato molto bello, l’associazione fa in modo che tutti i pazienti possano vivere momenti più lievi anche se in un contesto difficile come quello di un Ospedale”.

Servizio psicologico per pazienti e familiari
“Attraverso il supporto psicologico diamo sostegno nelle comunicazioni difficili come la necessità di effettuare il trapianto. Parliamo con loro di quali sono le implicazioni del trapianto in termini di qualità della vita, li aiutiamo ad elaborare la provenienza del cuore, il desiderio di conoscere e il senso di colpa nei confronti del donatore”.
Dall’Ospedale alla Casa Polo dei Cuori

“Quando i medici mi hanno dimessa dopo il trapianto sono stata per un po’ di giorni con i miei genitori al Polo dei Cuori, la casa di accoglienza: ne ho usufruito perché i dottori volevano vedere come avrei reagito al di fuori delle mura dell’Ospedale, in un “ambiente casalingo”, fuori dal monitoraggio costante.
Il Polo dei Cuori è una struttura molto importante, perché riesce ad ospitare non solo i pazienti e le famiglie della Regione Emilia-Romagna, ma anche pazienti provenienti da altre Regioni in Italia, e anche dall’estero, ad esempio dall’Africa. La prima sera al Polo ricordo che abbiamo ordinato una pizza, surgelata, i medici si erano raccomandati perché dopo un trapianto d’organo, nei primi mesi, si è molto più vulnerabili alle infezioni, comprese quelle trasmesse dagli alimenti, per questo motivo è molto importante seguire rigorose precauzioni igienico-sanitarie nella preparazione e nel consumo dei cibi. Al Polo siamo stati bene e dopo qualche settimana siamo tornati a casa, a Rimini.
So che se mai dovessi avere bisogno le psicologhe per me ci sono sempre. Per fortuna, però, adesso non ho esigenza di parlare del mio trapianto perché dopo il percorso mi sono ripresa, piano piano. E ci sono riuscita anche grazie a loro, ai miei familiari, agli amici, persone che sono “al di fuori dell’Ospedale” e che ti vivono tutti i giorni, sempre lì per aiutarti”.
La cicatrice: il segno di una battaglia vinta



La cicatrice che Sonia mostra orgogliosamente è per lei il segno di una battaglia che ha vinto.
“All’inizio non l’ho vissuta molto bene perché è molto vistosa, lunga, attraversa tutto il mio addome. Poi nel mio caso si è sviluppata in forma di cheloide, è rossa e spessa perché ho la tendenza in generale a sviluppare cheloidi per tutte le cicatrici che ho nel corpo. Per fortuna non capita a tutti i pazienti, a volte quasi non si vede.
Gli sguardi delle persone, soprattutto in estate, mi davano un po’ fastidio. Essere fissata sempre in quel punto, come se avessi qualche cosa di strano nel petto. Poi con il tempo ho imparato a non dare peso agli sguardi e ai commenti delle persone.
So che la mia cicatrice è lì perché è il segno di una battaglia che ho vinto.
Mi ricorda tutti i giorni questa battaglia. Mi ricorda tutti i giorni che sono viva, che ce l’ho fatta, e che devo essere sempre grata al mio donatore o donatrice e alla famiglia che ha permesso tutto questo.
Per questo cerco sempre di vivere una vita bella: so che dall’alto magari questa persona mi sta guardando e io voglio renderla o renderlo fiero di me.
Per me la cicatrice è un segno di rinascita e di forza perché non sempre le cose vanno a buon fine quando subisci un trapianto. Ci sono casi e casi. Io sono stata fortunata ma purtroppo c’è chi non ci arriva al trapianto. Io ho conosciuto una persona che non ce l’ha fatta. E lui aspettava un cuore. Come me. Io sono qui e lui no”.
Sonia si commuove.
“La mia cicatrice mi ricorda che devo essere sempre grata”.
La nuova vita: il lavoro, la palestra, gli amici, la patente
La vita di Sonia oggi è una vita bella, come lei stessa la descrive, sempre in movimento.
“Dopo il trapianto di cuore ho rimesso le scarpette da danza, ho fatto una sola lezione: mi sono resa conto che non ho più l’elasticità di prima ma sono comunque felice di averci provato. Quella lezione per me è stata una rivincita: il mio cuore mi ha dimostrato che ce la posso fare.
Così, ho iniziato a fare palestra e a lavorare. Faccio la banconista presso la pizzeria di mio zio, cinque ore al giorno: mi piace molto perché conosco persone, mi piace stare in compagnia, mi aiuta con la timidezza e le insicurezze che avevo, legate alla malattia”.
Certo, nel ritorno di Sonia ad una vita normale le difficoltà e le criticità, come la patente che deve rinnovare ogni due anni, non sono mancate.
“Quello della patente è un aspetto critico, sto bene e non capisco perché sia necessario rinnovarla ogni due anni. Secondo me si dovrebbe valutare caso per caso e non fare di tutta l’erba un fascio. Due anni volano in fretta e tu ti devi sempre ricordare, molti mesi prima, di chiamare per prenotare la visita di rinnovo patente, se non vuoi rimanere senza, e già solo questa cosa ti fa stressare. A me, come a molte altre persone, la patente serve per andare al lavoro”.
A chi vive una cardiopatia o è in attesa di trapianto dico di non demoralizzarsi mai, di tenere duro, perché a tutto o quasi c’è una soluzione. E di coltivare la gratitudine. Io sono grata davvero tanto alla vita, ai miei dottori, agli infermieri e a tutto il personale ospedaliero del Reparto dove sono stata ricoverata, perché mi hanno sempre fatta sentire in buone mani, sono sempre stati dolci e gentili, hanno sempre avuto per me una parola di conforto, riuscendo anche a strapparmi un sorriso. In particolar modo sono grata al dottor Luca Ragni che mi segue da quando avevo dieci anni e che per me è stato, è e sarà sempre il riferimento per ogni cosa. È davvero molto importante e prezioso per me”.