Repubblica Salute racconta la storia di mamma Simona, di papà Giuseppe e del piccolissimo Matteo, dalla Sicilia a Bologna
"Un
vero e proprio macigno, che pesa sul cuore": Descrive così Simona, giovane
mamma, la diagnosi di cardiopatia congenita del suo piccolo, nato qualche
settimana fa e già operato. "Ho scoperto che qualcosa al cuore non andava
durante l'ecografia morfologica a maggio. Nel giro di pochissimo tempo tanti
input, il sospetto di una cardiopatia, tanta paura. E poi il rischio di
sindromi genetiche associate alla cardiopatia, la fretta di capire a chi
rivolgersi, l'ansia di arrivare alla nascita del piccolo "preparata"
ad una durissima prova da affrontare. Navigando online abbiamo scoperto
l'esistenza dell'associazione Piccoli Grandi Cuori e della casa di accoglienza
Polo dei Cuori, dove siamo poi rimasti nel periodo precedente al parto, e nel
post operatorio di nostro figlio. A brevissimo ci hanno fissato una
ecocardiografica al Policlinico di Sant'Orsola a Bologna. Le dottoresse Perolo
e Balducci, hanno confermato la diagnosi e ci hanno spiegato tutto l'iter che
ci avrebbe atteso. Siamo riusciti a metabolizzare grazie al sostegno di Sara,
la psicologa dell'associazione, che abbiamo conosciuto in reparto, a giugno,
quando siamo venuti per fare l'ecocardiografia fetale".
È
importante, in queste fasi, essere cullati non solo sotto l'aspetto medico ma
anche sul fronte psicologico ed emotivo. "Scoprire la cardiopatia
congenita di mio figlio ancora in gravidanza, grazie alla diagnosi prenatale,
ci ha fornito tanti strumenti in più: il tempo per accettare e metabolizzare,
il tempo per organizzarci, il non dover decidere "in emergenza" –
conclude Lucia". Passo dopo passo, quindi, si arriva al momento del parto.
Siamo a settembre. "Sono entrata in sala parto alle 2.30 di notte e lui è
nato alle 4.21. Ho chiesto di vederlo un attimo, prima che lo trasferissero in
Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica: ricordo che aveva un tubicino al
naso, per l'ossigenazione, e già provava con quelle piccole manine a tirarselo
via. Sono stati momenti infiniti.
L'intervento, ai primi di ottobre, è iniziato alle sette e trenta della mattina, in qualche modo la mattina di attesa è trascorsa e proprio quando non ce la facevamo più è arrivata Sara, la psicologa, per sostenerci nelle ultime ore di attesa. Abbiamo avuto la notizia che tutto era andato bene alle 15.45 del pomeriggio, quando abbiamo incontrato la cardiochirurga, Emanuela Angeli. Sapevamo che lei è specializzata nelle trasposizioni e per questo eravamo abbastanza tranquilli. Ricordo che quando l'abbiamo vista, all'uscita della sala operatoria, ci ha stupito: dopo così tante ore di intervento, me la immaginavo affaticata, e invece era tranquilla. Ci ha comunicato che tutto era andato bene e che non c'erano state complicazioni, ricordo che l'anestesista si è commosso insieme a noi, per la nostra espressione. Eravamo felici. Per noi è stata una seconda nascita, perchè quella di Matteo era una cardiopatia incompatibile con la vita".
La vicenda
di Simona e del suo bambino racconta, dal vivo, quanto sia importante il
percorso di riconoscimento di una cardiopatia congenita già nell'utero materno
per organizzare il parto e programmare poi il trattamento. "L'80/85% delle cardiopatie congenite viene
individuato attraverso la diagnosi prenatale, stando ai dati
"Pre-Covid" – segnala Anna Balducci, cardiologo pediatrico presso il
nosocomio emiliano. Policlinico di Sant'Orsola a Bologna. In media visitiamo
300 pazienti l'anno". L'obiettivo è "iniziare" a considerare un
piccolo paziente il piccolo prima che nasca. Ogni cardiopatia ha uno spettro
ampio di variabilità anatomiche, per cui è fondamentale cercare di identificare
quali sono i fattori in grado di predire un più alto rischio chirurgico o di
più interventi chirurgici necessari, di morbilità a breve e lungo termine. La
mamma, una volta partorito, resta in Ostetricia: il bambino nasce, viene
trasferito in Reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica, oppure
rimane in Terapia Intensiva Neonatale dove viene comunque assistito anche dai medici
cardiologi. "Per casi selezionati siamo noi ad allertare la psicologa
dell'Associazione Piccoli Grandi Cuori, che contatta le mamme già prima che
arrivino qui, per attivare quindi il percorso psicologico prima della nascita.
Il supporto dell'associazione in tutte le fasi, dall'accoglienza al ricovero e
alla dimissione è fondamentale".
"La
diagnosi prenatale è sempre più precisa anche nel caso di cardiopatie complesse
– fa sapere Antonella Perolo dirigente
medico responsabile della cardiologia fetale alla clinica ostetrica del
S.Orsola: grazie a questa i cardiopatici congeniti possono nascere qui ed avere
la sala emodinamica pronta e allertata, senza perdere un minuto. Il nostro è
uno dei pochi centri in cui il percorso prenatale è completo e tutto in
un'unica struttura: la paziente non si deve spostare, qui si fa la diagnosi con
successiva consulenza cardiologica, chirurgica e ostetrica, la consulenza
genetica e gli eventuali accertamenti genetici prenatali sul feto e/o sui
genitori. Qui si eseguono i controlli successivi cardiologici e ostetrici, gli
eventuali esami di laboratorio, le visite ostetriche e i tracciati
cardiotocografici. Si stabiliscono le modalità del parto, si programma la presa
in carico del paziente presso la Cardiologia e Cardiochirurgia
Pediatrica".
Cosa fare quando il paziente diventa grande
I piccoli
che vengono operati vengono poi seguiti nel tempo e debbono essere controllati
prima dai cardiologi pediatrici, poi dagli specialisti dell'adulto. Vengono
definiti GUCH (sigla che sta per Grown Up Congenital Heart (Guch).
L'associazione Piccoli Grandi Cuori, come altre in Italia, si occupa anche di questo aspetto. Come spiega Gaetano
Gargiulo, direttore della Cardiochirurgia Pediatrica e dell'Età evolutiva
presso l'Irccs Policlinico di Sant'Orsola di Bologna, "questo è molto
importante anche e soprattutto per le bambine che noi operiamo, che diventano
adulte ed hanno quindi bisogni particolari, sia naturalmente nello sviluppo,
sia quando devono diventare mamme. La gravidanza può essere un problema per
alcune di queste, ma può anche essere risolto per molte donne con cardiopatie
congenite, consentendo loro di vivere una vita assolutamente normale". Per
questo esistono gli ambulatori GUCH cui accedono i pazienti che devono eseguire visite di
controllo secondo le indicazioni dei cardiochirurghi, e pazienti provenienti da
altri centri che necessitano di un inquadramento diagnostico terapeutico. Oltre
al supporto psicologico, attraverso questo ambulatorio è possibile attivare i
percorsi di consulenza con i servizi di ginecologia ed ostetricia,
odontoiatria, radiologia, ortopedia e chirurgia generale.
Fonte: la Repubblica Salute